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sabato 5 ottobre 2013

Emigrazioni


Forse non sono argomenti da enoblog però oggi sabato 5 ottobre 2013 mi sento particolarmente segnato dalla tragedia di Lampedusa e quella di Sampieri.
E mi ritornano in mente i racconti di mio padre che raccontava dei cugini, zii, amici che erano partiti nei primi anni del novecento per raggiungere gli Stati Uniti, l’Argentina abbandonando il Monferrato che non dava speranze, non dava neanche il pane per se e per le proprie famiglie.
Poi spulciando i registri on line di Ellis Island sono comparse decine se non centinaia di Fracchia provenienti da Viarigi, Accorneri, Castagnole, Vignale transitati a New York in quegli anni.
Probabilmente alcuni di quelli saranno stati dei miei lontani parenti, sicuramente erano migranti, come quelli che oggi abbandonano le aree più disastrate del mondo per inseguire una speranza.
Ieri eravamo noi i migranti ignoranti, rumorosi, indisciplinati e dediti alla criminalità che invadevano le strade del Nord America come si evince con precisione brutale da un report del 1912 presentato al Governo statunitense da una commissione di studi sull’immigrazione.
Per questo motivo io mi sono indignato e commosso sino alle lacrime, persino mio padre che si allontanò di soli settanta chilometri dal suo paese veniva emarginato nella Torino anni cinquanta perché il suo dialetto suonava strano rispetto alla parlata cittadina e ha vissuto nella baracca di cantiere per alcuni anni e le sue cugine per cui lavorava, rigorosamente in nero e senza contributi, lo facevano entrare in casa dalla porta di servizio e non lo presentavano ai loro amici, vergognandosene.
Ma non abbiamo imparato nulla dal nostro passato? Inseguiamo solo un futuro che ora, come non mai, appare torvo e plumbeo.
Non è questa l’occasione per ripensare, senza farsi offuscare dal populismo e dallo sciovinismo, cosa vogliamo per noi, per i nostri figli, per la nostra Terra. Pensiamo al mondo come alla nostra casa qualcosa forse cambierà.
I confini e la retorica nazionalista degli stati moderni hanno creato delle barriere simboliche e reali che hanno pietrificato il mondo e i cuori delle persone, hanno eletto la purezza della razza, della lingua a suprema bugia storica cancellando con forza ogni meticciato.
La contaminazione, figlia di una visione del mondo senza barriere, in perenne divenire, senza geografie forzose e i riduzionismi dell’economia è vista come avversità alla quale opporre il massimo della resistenza.
Eppure è chiaro che le barriere non portano altro che conflitti e opposizioni frontali e violenza e ingiustizia.
Spaventa, forse, perché le novità lasciano sempre interdetti ma dovremmo piegarci come giunchi al passaggio della piena è l’unico modo per non essere trascinati via.



1 commento:

  1. La globalizzazione non contempla uniformità di diritti umani.
    Servono politiche efficaci, corridoi umanitari e una presa di coscienza internazionale.
    Giornalmente sono migliaia gli sbarchi in tutte le spiagge siciliane e ignoti i numeri effettivi di chi a riva non è giunto, stimati 250.000 morti annegati, il 99% delle donne subisce violenza, si muore di stenti per aver sperato di sfuggire all'orrore dei conflitti.
    Pensare che il mare adesso in tempesta possa rubare altre vite non può lasciare indifferenti.
    Grazie Luigi per aver condiviso le tue riflessioni.

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