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mercoledì 1 maggio 2013

Runchet 2004, Freisa d’Asti di Ezio Trinchero



Il o la Freisa; il piemonte enologico è diviso sul genere e talvolta sulla qualità di questo vitigno spesso frizzante, un tempo spesso dolciastro, più spesso dimenticato.
Eppure la Schneider ci dice che il dna è largamente condiviso con il nebbiolo.
Quarti di nobiltà ignorati.
Forse perché i vigneti erano in zone che più di tutte hanno patito l’industrializzazione del Piemonte e lo svuotamento delle campagne e la rinascita enologica ha stentato e stenta a innescarsi.
Direi che i primi a non credere alle potenzialità millenarie delle terre del basso monferrato sono gli stessi vignaioli monferrini.
Solo ora timidamente ripiantano nebbiolo (presente già in epoca prefilloserica) e dedicano attenzione a vitigni abbandonati come il grignolino e il freisa.
In questo caso la mano del vignaiolo è fondamentale per accompagnare questo vino di etere e terra sino alla bottiglia.
Ezio Trinchero crede nella sua terra e nel potenziale dei suoi vini.
E lui parla con accenti nobili di quando il Monferrato comprendeva Genova e Milano.
Distilla profumi di ceralacche e minerali ferrosi e argille e tannini rotondi ma presenti.
Tirebouchon ed io siamo rimasti folgorati sulla via di Damasco, che un tempo passava da Agliano.
Kampai

Luigi


8 commenti:

  1. In questo post ci sono molte indicazioni, come al solito Luigi è molto generoso, in primis l'abbandono di vitigni come la freisa in zone fino a qualche decennio fa vocate come il Monferrato e le Langhe (ho sentito da poco Beppe Rinaldi che parlava di freisa a Barolo nel passato), poi la segnalazione della parentela nel dna di nebbiolo e freisa da sempre sostenuta e difesa da Gianni Vergnano il patron di Cascina Gilli e infine la descrizione di questa freisa di Trinchero che mi ha folgorato al primo assaggio illuminadomi definitivamente al secondo assaggio.
    Ezio Trinchero, gran vignaiolo!

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  2. Spiace criticare, ma non posso fare a meno di pensare ad un cinese che compra Runchet (molto simile al Ruchè) creando una confusione imbarazzante.. Peccato! Un grande vino come quello descritto ha proprio bisogno di una qualifica superiore alla sua DOP? Oppure un così grande vino ha proprio bisogno di una DOP?
    Scusate, ma i nostri burocrati in Piemonte sono convinti di aver allestito un sistema DOP eccellente, mentre in realtà sento solo lamentele e vedo solo etichette che generano gran confusione per il consumatore (specie quello poco esperto..) e multe per i produttori.

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    1. A me non pare molto confusa l'etichetta, in alto c'è la dop/doc Freisa d'Asti e in centro il nome d'invenzione.
      Sarei stupito che il Cinese conoscesse il Ruchè piuttosto.
      Non capisco cosa intendi per qualifica superiore? Secondo te dovrebbe esistere una Docg Freisa d'Asti? se ci fosse sarebbe inutile e folle, come ho accennato i produttori che fanno del Freisa fermo, da invecchiamento, ottenuto con lunghi affinamenti non credo esistano al di fuori di Ezio.
      Caro anonimo aspetto tue delucidazioni.

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    2. Luigi, Freisa da invecchiamento ce ne sono ancora : non dimenticarti del Kyé di Vajra o delle versioni di Beppe Rinaldi o Giuseppe Mascarello. Mi pare che anche un'azienda storica come Scarpa continui a produrne. A memoria mi viene in mente anche il Pecoranera di Zampaglione di cui dovrebbe esserci in giro ora il 2003. Inoltre nella zona di Agliano conosco produtori che aggiungono quote di Freisa alla loro Barbera da invecchiamento.

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    3. Solo una precisazione:finalmente dopo anni di attesa Zampaglione e' uscito con il Pecoranera 2004 e se non sbaglio aggiunge una parte di barbera,dolcetto e merlot per cercare di domare la "bestiaccia" Freisa.
      Concordo con voi sulla grandezza di Trinchero che da' lustro al magnifico terroir di Agliano.

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    4. Nic Marsel,
      hai ragione dimenticavo, anche se quelle che citi tu fanno affinamenti meno estremi di quelli di Trinchero che esce adesso con la sua 2007, solo Scarpa è agli stessi livelli di maniacalità.
      Sulla tenuta nel tempo di Vajra e Rinaldi non dubito è stata una dimenticanza da giorno di festa, quella di Mascarello mai provata, dovrò fare ammenda.

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  3. Il Ruchè è conosciuto in Cina ed apprezzato soprattutto nella sua versione frizzante.. Il che spiega molte cose! Non ho nulla contro il produttore o il suo vino, anzi! Approfitto di queste occasioni per sottolineare come la faragginosa legislazione vitivinicola sia poco adatta alle esigenze dei produttori e alla fine tuteli poco il consumatore.
    1) il nome di fantasia non deve essere mai più grosso della denominazione di origine;
    2) il nome di fantasia non deve trarre in inganno il consumatore;
    La legge dice questo, non io.
    Mi piace l'idea di un Freisa fermo e invecchiato e non vedo l'ora di avere l'occasione di assaggiarlo.
    Ma si identifica nel disciplinare della denominazione o il produttore è costretto a certificarsi per poter indicare il nome dell'uva in etichetta?
    Tutto questo temo faccia male tanto alla denominazione che non raggiunge l'obiettivo dell'uniformità produttiva che vorrebbe arroccare sotto la sua ala, quanto al produttore che si trova a cercare strade poco ortodosse per differenziarsi (hai mai visto un brunello, un amarone, un chianti o quant'altro con il nome di fantasia che primeggia sulla denominazione?Accade solo in Piemonte..) per non parlare del consumatore, specie quello neofita, che rischia di non apprezzare come meriterebbe un prodotto di così alta qualità.
    Mancherebbe ancora una ulteriore DOCG.. In Piemonte ormai tutto è DOP, e alla fine, quando tutto è DOP è come se nulla lo fosse.. La percezione è di una piramide rovesciata! Manco lo spazio che permetta a produttori come Trinchero di percorrere strade alternative che possono diventare guida per altri, un po' come succede nel resto d'Italia. Ad esempio in Toscana, in Veneto e in Friuli possono permettersi di impiantare Barbera e fregiarsene in etichetta.
    Non voleva la mia essere una polemica verso il produttore, anzi, sottolineando alcune imperfezioni insignificanti dal punto di vista della presentazione e della percezione qualitativa, ho voluto porre l'accento su un difetto normativo oscuro ai più, molto sentito fra i produttori e poco percepito dai burocrati che, facendo spalluccia, di fatto stanno creando pericolosi meccanismi lobbistici (per questo ho preferito restare anonimo) sulla produzione viticola piemontese.

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    1. Non credo di avere le conoscenze tecnico-legali per risponderti sulla questione etichette e non era nemmeno il tema del post, comunque se qualcuno vuole dire qualcosa ben venga.
      Il Ruchè frizzante è una libera interpretazione del vitigno al di fuori della Docg che non contempla versioni frizzanti per cui a fare i pistini non si può chiamare Ruchè al massimo vino rosso frizzante (a base uva ruché).
      Il disciplinare Freisa d'Asti Doc contempla le versioni ferme, superiore e frizzanti anche dolci. http://www.regione.piemonte.it/agri/politiche_agricole/viticoltura/dwd/disciplinari/freisasti.pdf
      Comunque, ripeto, il tema del post era ed è sulla bontà di questo vino e non sui corollari normativi.

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