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martedì 31 dicembre 2013

We are so bubbly

Abbiamo pensato di pubblicare, uno a testa, con lo spirito del Memorabilia a.d. 2013, i nostri “frizzanti” da bere insieme a voi lettori, stasera alla fine di quest’anno e all’inizio del prossimo.
Inizialmente avevo scelto uno Champagne, poi a mano a mano che gli amici aggiungevano i loro vini, ho percepito una disfasia fra la mia scelta (sia pure legittima e giustificata) e le loro.
La brigata ha messo in crisi la mia visione (forse un po’ conformista) del frizzante di fine d’anno scegliendo quasi tutti vini italiani, questa scelta apparentemente sciovinista mi ha molto colpito, proprio perché i miei compagni di viaggio sono tutt’altro che sciovinisti e campanilisti.
Alcuni di questi vini sono dei metodi ancestrali, delle rifermentazioni in bottiglia, uno è un rosso e hanno un incrinato il mio immaginario da festa con cotillon.

Per cui ho deciso due cose:
prima cosa, mettere due vini (in palese violazione alle nostre regole interne!)*;
seconda cosa, mettere il vitigno che nell’ultimo anno abbiamo più assaggiato e promosso e col quale abbiamo costruito delle belle occasioni d’incontro e confronto: la Barbera.
Ringrazio Rossana, Vittorio, Niccolò, Riccardo, Andrea, Eugenio, Daniele, Diego, Sergio, Mauro che ogni giorno minano alle basi le mie più solide convinzioni riportandomi sulla Terra, ricordandomi di dubitare di ogni cosa e di demolire i miei schermi conformisti.
Noi siamo così frizzanti!

Lo Stravagante, Brut, barbera in rosso, metodo classico – Laiolo Reginin

L’Attaccabrighe, Dosaggio zero, barbera, blanc de noir, VSQ – Togni Rebaioli con lo zampino di Michele Loda
Gente informata mi ha detto che mentre degorgiavano alla volèe da Michele Loda L’Attaccabrighe, si beveva Lo Stravagante, non ho altre parole da aggiungere.

Luigi

d.zero Metodo Classico Rosé, Giuseppe Milazzo
Pas Dosé da Inzolia rosa e Chardonnay.
Elegante riflesso di un sofisticato, cangiante e luminoso rosa, finissimo e infinito perlage, si svelano i sentori esperidati di néroli e pompelmo rosa, arriva calda la profondità di lampone e melagrana, succoso, incisivo il bilanciamento della mineralità salina sull’acidità.
Rossana

Pignoletto Frizzante Sur Lie 2010 - Alberto Tedeschi, il vino dell'amicizia, un giovane produttore sui generis, un'uva poco famosa ma che ha il cuore grande, da bere a secchi non solo a capodanno.

Vittorio 


Vinudilice 2010 - I Vigneri
E siccome io sono uno snob, ma avevo trovato lo splendido Particella 128 di Vanni "5Campi" Nizzoli per redimermi, ma me l'hanno fregato, farò l'ultrasnob e metterò il Vinudilice 2010 de I Vigneri, che non sarebbe una bolla, ufficialmente, ma lo è per propria scelta, in bottiglia. E dal 2011, pare che abbia ottenuto lo status! Buon 2014 à tout le monde!

Niccolò


Brut Nature 2010 - Barranco Oscuro
Agile e croccante, con una fresca acidità "lambiccheggiante" che disseta la sete! Da mescita compulsiva. 

Andrea

Cuvèe Augusto Primo  2009 Brut Nature -  Mattia Filippi
Chardonnay in purezza, inizia floreale un poco timido (forse causa troppo freddo, mea culpa) poi si distende con un bel finale agrumato, fine e persistente. Da volerne ancora e ancora.


Mauro

Crémant 2004 Blanc de Blanc Brut - Casa Caterina
Solo lo stile di Aurelio Del Bono può creare uno Chardonnay in purezza a questi livelli. La quintessenza dei profumi, un vero godimento: diretto, diritto e cremoso. Scorretto, "clandestino" ma risolutivo. Arrivati qui, è difficile tornare indietro.

Riccardo

Roncaie Sui Lieviti (ex Garganega Sui Lieviti) 2012 - Giovanni Menti
Se Jay-Z fosse veneto, altro che Cristal e Ace Of Spade: Garganega Sui Lieviti a go go e giù con un flow che spacca. Che intanto con un Cristal te ne compri 100 di Roncaie. E, per dire, dopo un sorso, tutte le donne diventano la tua Beyoncé. Yo.

Eugenio


Rio Degli Sgoccioli 2011, Vino Spumante Dosaggio Zero - Cinque Campi
Per la serie "famolo strano", solo il genio di Vanni Nizzoli poteva concepire un metodo classico di Lambrusco Barghi.
A metà strada tra la mineralità fumè di una Schiava della Val Venosta e la rusticità grezza di un lambruscone della bassa padana.
Nel mezzo anche tanta finezza.

Daniele

*comunque ricordate che io sono il capo e che le regole sono fatte per essere violate!

lunedì 30 dicembre 2013

divertiamoci a capodanno! andiamo tutti in montagna!

Discarica di seggiolini e impianto di risalita dismesso

La retorica sulla fine dell’anno porta tutti a fare un po’ di bilanci e ripensamenti sui dodici mesi passati e tutte le pubblicazioni web o mainstream che siano, si danno un gran da fare nello stilare elenchi che meglio rappresentino simbolicamente l’anno.
Tutte cose che io aborro e che quindi vi risparmio.
Anzi non volevo scrivere alcunchè e volevo lasciare che il flusso dell’oblio ci traghettasse nel duemilaquattordici.
Invece con qualcosa vi ammorbo perché:
Premessa:
io amo la montagna e appena posso ci vado e ci coltivo pure un orto, come saprete, cammino sia d’estate sia d’inverno (talvolta con le racchette da neve) a piedi accompagnato dai cani e cerco di evitare l’uso della macchina.
Dunque:
ero in montagna quando mi è capitato di uscire per fare la spesa dopo una nevicata e mi sono ritrovato a dover camminare in mezzo alla strada perché i pur pochi marciapiedi non erano stati liberati dalla neve, poco male se non fosse che il paese era assalito da macchine impazzite e guidatori accaniti, incattiviti e decerebrati che schizzavano sul fondo ghiacciato a velocità eccessive.
Una continua chicane fra placche ghiacciate, macchine guidate da automobilisti con occhi appannati dal delirio di onnipotenza che piuttosto di frenare e fermarsi si farebbero fucilare, ruspe che ormai fuori controllo raspavano accanite e cieche neve e ghiaccio in un perpetuo alternarsi di cicalini della retromarcia e sbuffi nerastri di gasolio, automobili che andavano in contromano (troppa poca pazienza di aspettare che terminassero le operazioni di pulizia della strada principale!).


Impianto di innevamento artificiale in azione, alti consumi energetici e di acqua


Sono arrivato alla mia destinazione con i nervi a fior di pelle e con la velata voglia di far esplodere una bomba nucleare che mettesse fine allo scempio che l’umanità sta perpetrando al mondo (mi ha fermato solo il fatto che non la so fare una bomba nucleare né so dove acquistarla, purtroppo!).
Mi sono fatto pure due conticini su:
quanto gasolio viene consumato per pulire le strade dopo una nevicata (qui in paese sono due giorni che due ruspe lavorano per otto ore consecutive), tutti questi consumi energetici al fine di far salire una quantità di persone (altro gasolio e combustibili vari) insostenibile per l’ecosistema montano la quale si fermerà per non più di cinque giorni (lasciando i residenti nell’inedia nei restanti 360 giorni) e in quei cinque giorni consumerà risorse non rinnovabili dell’ecosistema montano con la spocchia e l’arroganza di una civiltà che ha perso ogni contatto col proprio mondo e che “consuma senza capire", esattamente come una necrosi.


Un gatto delle nevi consuma in una giornata di lavoro più di 200 litri di gasolio

Come se non bastasse tutta questa gente viene in montagna per sciare e lo sci è lo sport (a parte la formula uno e altre amenità motoristiche) che ha il più grande e devastante impatto ambientale (senza per altro essere così redditizio per i residenti), impianti di risalita, macchine per la preparazione delle piste e per  l'innevamento altamente energivori, attrezzature sportive in plastiche difficilmente riciclabili e ad alta obsolescenza.
Io ho il magone e piango lacrime amare nel vedere chilometri di lariceti rasati per fare spazio a piste e impianti di risalita che devono salire sempre più in alto (per effetto del riscaldamento globale) e intaccare e deturpare ecosistemi fragilissimi con la grazia dei bulldozer che spianano creste, scavano trincee e colano cemento.
Quanta energia non rinnovabile consuma un comprensorio sciistico come quello dove sono io?
Energia consumata per distruggere se stesso.
Un circolo demoniaco.
E non basta brindare con un vino bio per lavarsene la coscienza.
Insomma avrete capito che per me non è stato un buon anno e il prossimo no sembra essere meglio.



venerdì 27 dicembre 2013

Sicilia IGT Lamoresca Rosso 2010: Ne voglio ancora!

di Riccardo Avenia



In Sicilia, dalle parti di San Michele di Granzaria (CT), i ragazzi de Lamoresca, coltivano vigneti, grano ed ulivi, producendo vino, farina (per la pasta) ed olio. In campagna si lavora manualmente (senza l'uso di agenti chimici), con larga attenzione e rispetto per la biodiversità. In cantina - per il vino - le vinificazioni sono basilari: solo mosto ed i relativi processi naturali, null'altro. Nero d'Avola e Frappato per il Rosso, Vermentino e Roussanne per il bianco (macerato).

Stappo il rosso:
Ancora porpora scuro che sfuma, di media trasparenza ed agile. Il profumo è una variopinta esplosione di frutta rossa giovane, acidula, che mi intriga parecchio e mi porta lontano, tra la Toscana (nel Chianti) ed in Francia (in Provenza). Un mazzo di rose, una vaga nota polverosa, alcune spezie orientali ed un finale vegeto-minerale. C'è eleganza, pulizia olfattiva e tanti sentori da scoprire. Una cuccagna per il degustatore sgamato nello sfoderare i descrittori più improbabili.

Acidità, snellezza di beva, rotondità, con ricordi di liquirizia, il sapore tattile e succoso della frutta e della rosa. La fotocopia gustativa dei profumi. Tannino misurato e tanta voglia di bere, ribere e ribere ancora, fino alla fine della bottiglia.

Livello di soddisfazione molto alto, ad un costo accessibile. Bella la linea della bottiglia, intrigante l'etichetta e la grafica d'antan.

Il mio primo pensiero? Ne voglio ancora: domani li chiamo!

C'è mancato davvero poco per avere il quinto cuoricino pieno.

martedì 24 dicembre 2013

Passito della tradizione (2011 senza annata) Giovanni Menti



Passito della tradizione recita in etichetta.
Frizzante!
Mi incuriosiva molto e l’ho voluto assaggiare e la sensazione è che sia un vino virale.
Nella mia accezione il vino virale è quello che non stupisce subito con effetti speciali ma entra con il suo Rna nel cervello del bevitore e poi piano piano lo colonizza.
E diventa un vino necessario, una dipendenza fisica.
Ma lo fa per per successivi avvicinamenti.
Ora che l’ho finito sento di avere bisogno di una altra bottiglia per capirlo, per approfondire quelle sensazioni amarognole di caramello e la dolcezza delicata quasi negata dalle bollicine golose, quel colore ambrato ancestrale.
Nel cervello da qualche parte sento urlare Ancora!
Kempè

Luigi


Ps
Garganega appassita per sei mesi, poi fatta fermentare in cemento e imbottigliata con residuo zuccherino che fa ripartire la fermentazione e crea anidride carbonica.

lunedì 23 dicembre 2013

Mercato dei Vini FIVI 2013

di Daniele Tincati

 
Anche quest’anno sono andato a Piacenza al Mercato dei Vini della Fivi, come le due altre edizioni del resto.
E mi sa che ci tornerò anche il prossimo anno.
Il posto è azzeccato, non coreografico, ma funzionale.
Parcheggio comodo, banchi di discrete dimensioni, spazio nelle corsie.
C’è anche la navetta dalla stazione per chi arriva in treno.
Ampia scelta di produttori da tutte le parti d’Italia, con qualche chicca d’eccellenza.
Livello medio di qualità elevato.
E poi si può anche comprare qualche bottiglia, ma qui ci sarebbe da rivedere qualcosa, cosi come per il biglietto d’ingresso.


E’ anche vero che oramai i prezzi dei biglietti di queste fiere sono quelli un po’ dappertutto, in Italia però, perché in Francia si paga molto meno.
Se uno va ad una mostra mercato si presuppone che vada per comprare, quindi il costo del biglietto dovrebbe essere contenuto.
Parlando di prezzi c’è pure il problema di quelli delle bottiglie.
Alcuni produttori hanno applicato esattamente il prezzo di vendita diretta in cantina, correttamente.
Altri, invece, hanno ritoccato i prezzi, portandoli ai livelli dell’enoteca e, se non li hanno ritoccati, sono già comunque alti per non fare concorrenza ai rivenditori.
Questo non mi sembra il massimo, per una situazione più promozionale che altro.
Come al solito mi ero fatto un programma di massima che non è stato, come al solito, rispettato.
Alcuni assaggi non si potevano evitare, ma molto è stato lasciato al caso e alla situazione.
Cosi ho scoperto vini sorprendenti, come i Pinot Bianco di Patrick Uccelli.
Un 2011 bello nervoso e agrumato, e un 2010 con struttura possente, entrambi di grande stoffa.


Non potevo saltare il banco di Jean Paul Chapagnon, vigneron vecchia scuola di Fleurie.
I suoi Gamay hanno uno stile impeccabile, nel segno della tradizione.
Top il suo “Morieres” 2010, ma molto azzeccato “L’Autentique” 2010, che sovente paga lo scotto di eccessiva rusticità.
Un’altra scoperta interessante è stato il Domaine Tenon.
Un paio di rossi da uvaggio classico del sud meritavano l’acquisto, fosse stato solo per il prezzo commovente.
D’obbligo l’abbraccio con l’amico Fabio D’Uffizi, saltato dall’altra parte del banco con i vini delle Tenute Dettori.
Assaggi sempre entusiasmanti, con la costante della variabilità dell’annata e una crescita qualitativa esponenziale.
Il Renosu Rosso quest’anno è azzeccatissimo, cosi come un grande Dettori Rosso 2010 che, nonostante il solito cospicuo bagaglio alcolico, ha una beva incredibile.
Quest’anno ho prestato parecchia attenzione ai Prosecco, soprattutto nella versione rifermentata in bottiglia.
In quello dei fratelli Collavo, ottimo, ho ritrovato alcuni profumi primari del mosto, ma quello di Bele Casel è ancora il mio preferito.




Altra bella scoperta sono state le bottiglie di una produttrice di Gambellara, Cristiana Meggiolaro.
Garganega secca in due versioni e un passito fantastico dagli aromi di frutta secca, più una Durella rifermentata in bottiglia, non ancora in commercio, molto gourmand.
Ottima manifestazione quindi, che non può che crescere e migliorare, nella speranza che si possa avvicinare, in qualità, a quelle organizzate dai cugini transalpini.
Solo qualche piccola miglioria potrebbe essere fatta nell’elenco cartaceo dei produttori, e nel facilitare l’orientamento dei visitatori, e magari sui bicchieri, molto belli e coreografici ma, a mio avviso, troppo grandi per la degustazione.
Arrivederci quindi al prossimo anno.

Ringrazio l'amico Cristian Quarantelli per la gentile concessione di alcune foto pubblicate.

venerdì 20 dicembre 2013

Memorabilia a.d. 2013

Memorabilia a.d. 2013
Il 2013 volge al termine.
Come l’anno scorso tireremo qualche somma, enoica.
Quello che più conta è che dal vino siano nate amicizie e nuove collaborazioni.
È il potere delle passioni condivise.
Ci siamo dati un massimo di cinque vini/birre e di 140 caratteri (anche se non tutti si sono adeguati e ho deciso di soprassedere, siamo eno-anarchici!) per dirne qualcosa.
Ringrazio i nuovi avventori-scrittori che si sono aggiunti quest’anno Riccardo Avenia, Rossana Brancato, Eugenio Bucci, Mauro Cecchi, Andrea Della Casa, Diego Pizzuto, Daniele Tincati che hanno elevato il livello del blog apportando una salvifica biodiversità culturale.
Vittorio e Niccolò ormai abituè del bar, scafati e induriti dalla militanza sono stati compagni di viaggio fondamentali per la mia crescita e per il blog.
Kempè!

Garnacha de Vina Bonita 2010, D.O. vinos de Madrid, Bernabeleva
Perché non si dica che siamo sciovinisti o franco-orientati.
Gewurztraminer 2011, Cuvée Particuliére, Schueller
Perché un gewurz così non lo avevo mai bevuto prima, Kempè.
Champagne Lalore Blanc de Blancs, extra brut, Th&V Demarne-Frison
Perché  uno sciampo a Natale è obbligatorio e questo in particolare vi resetta le papille gustative e l’idea che avevate della tipologia, io l’ho finito se volete regalarmelo…
Runchet 2004, Freisa d’Asti, Ezio Trinchero
Perché è un vino da provare almeno una volta nella vita figlio di un vitigno che meriterebbe molto di più.
Rosato 2012, La Porta di Vertine
Perché è un rosato che non sa di esserlo.

Luigi

Adonis 2010, Domaine de la Grapperie
Pineau d'Aunis e sentori di vecchia cantina. Medio corpo, tensione ed eleganza, ma pure il giusto di ciccia. Slurp!
Pico Faldeo 2011, La Biancara
Tessitura goduriosa. Oggetto di Beva Impressionante, con esaltazione della Garganega da inchino. Preparate i secchi!
kussas intrendu a manu 'eretta 2009, Panevino
Da ogni botte di quest'annata di grandine esce un capolavoro. Sentori e sapori sempre inediti e irresistibili. Alchimia contadina!
Malvasia Riserva 2011, Marco Fon
Luce opalina. Acidità, opulenza, aromaticità, piccantezza, resine, sasso, mare. Tocco caramellato, fresco. A me gli aromatici non piacciono!
Barolo Serralunga 2009, Principiano
Barolo da sete. Leggero e croccante, intenso e fragrante. Vinificazione incredibilmente delicata. Ne vorrei un bancale!

Niccolò

Lubigo ventiundici Croci
il frizzante naturale come piace a me, gran lavoro di valorizzazzione dell'ortrugo da parte di Massimiliano Croci
Montemarino 2008 Cascina degli Ulivi
perché Stefano Bellotti sa dare massima dignità e naturalità al cortese. 
Roero Arneis 2012 Cascina Fornace
perché rappresenta la rinascita e il rilancio di un vitigno e di un territorio.
Barbera d'Asti Vigna del Noce 2004 Trinchero
un capolavoro, opera d'arte di un vignaiolo schivo e poco conosciuto, che mostra tutta la grandezza del vitigno barbera.
Cortona Syrah 2010 Stefano Amerighi
un regalo prezioso, inaspettato, vino che possiede un cuore grande-grande.
Monte del Cuca 2010 Stefano Menti
un macerato di grande bontà, prodotto da un vignaiolo che sta crescendo in qualità anno dopo anno, fra i migliori in Italia.

Vittorio

 Sòl e Stèli 2011 e 2012 - Crocizia (Sauvignon)
Perché ogni volta che ne apro una bottiglia, non arriva mai a toccare il tavolo piena. Perché è un vino dall'espressiva personalità. Poi, perché mi piace essere frizzante. Marco Rizzardi: ti lovvo!
Vej Bianco Antico 2005 - Podere Pradarolo
Il "macerato" emiliano che non mi stancherò mai di bere. La Malvasia D.C.A. definitiva, che mi ha fatto capire cosa deve raccontarmi la macerazione sui bianchi. Un'esperienza esplosiva. Eugenio, lovvo anche te che me l'hai fatto conoscere.
Barrosu riserva Franzisca 2010 - Giovanni Montisci
Perché ogni volta che passo una serata da Zampa, si finisce sempre a Barrosu. Un vino completo, esplosivo, potente. Un vino del cuore. Puro succo di Sardegna (quella vera). Insomma, una gran cannona(u)ta. Poi, perché un po' Barrosu lo sono anche io!
Rosso di Montalcino 2010 - Paradiso di Manfredi
Perché se dovessi far capire ad un amico cosa intendo per Sangiovese Grosso, gli farei assaggiare quest'etichetta. Perché in questo millesimo, c'è l'essenza di una zona. Poi, perché sono un vampiro assetato di "Sangue di Giove".
Kurni 2006 - Oasi degli Angeli
Perché non assomiglia a nessuno: il Kurni lo paragoni solo al Kurni. Punto. Perché ti fa capire a che livello possono arrivare intensità e complessità. Perché divide gli animi. Perché se costasse meno, ne comprerei a pacchi. Perché se lo ami, non lo abbandonerai mai.

Riccardo.

Barbera “Barla” 2007 - Lorenzo Corino
vino da colpo di fulmine, forse un po' atipica ma davvero golosa. Succo e materia fusi in un perfetto unicum. Imprescindibile.
Ruché "Chiovende"- Az. Agr Ferraro
il ruché è il mio canto della sirena, non riesco a resistere alla sua seduzione. Ma c'è ruché e ruché. E questo è un gran ruché!
Aris 2011-SergioArcuri
Un mix di potenza ed eleganza per questo giovane Gaglioppo. Tanta roba davvero!
Erbanno 2010 – Enrico Togni
Ogni volta che incontro Enrico ne devo acquistare una bottiglia, è più forte di me. E la bottiglia finisce in un amen. Glu-Glu!
Barbaresco 1988 - Roagna
E le papille fanno la ola. Perché stapparli prima quando ad una certa età possono raggiungere certe vette?

Andrea

Frizzante Dei Colli Trevigiani 280 Slm 2012 - Costadilà
Premio Andy Warhol: ¼ d'ora di gloria e fattanza, 15 minuti per scolare la boccia, una vita per rimpiangerla. Pop e Virale.
Crozes Hermitage Foufoune 2011 - Les Champs Libres
Premio Serial-drinker: Lo bevi e giochi a vini-senza-frontiere. E  in Francia e sei ☻ come un . Europeista.
Pinot Grigio '09 - Dario Princic 
Premio il Bucci D'Oro: Bianco, rosso o rosato? Si fottano: qui c'è il meglio dei 3. E la somma è un oro che brilla. La resistenza è inutile: voi sarete Orangizzati.
Montepulciano d'Abruzzo 1995 - Valentini
Premio Alla Carriera: Dopo la '95, mai più fatti così. Ora ha 20 anni e io 40(+/−). E ballerà sulla mia tomba. Highlander.
Litrozzo Bianco 2012 - Le Coste
Premio ⒶⒶⒶ: Alcolisti Anonimi Anarchici. Ci si ritrova 2 volte a settimana. Una cannuccia in ogni boccia e via andare. E ogni litro, una medaglia. Join Us.

Eugenio 

Dettori Bianco 2004, Romangia IGT, Tenute Dettori
Alla faccia di chi dice che i vini naturali durano solo una stagione. Bianco poi! Un vino “difficile”, ma se apri la serratura del forziere, scopri un tesoro.
Contadino 9, Vino da tavola, Frank Cornelissen
Ruvido, a volte grezzo, cangiante di mirabili sfumature, sempre diverso da se stesso. Tappa obbligata per fare il salto dall’altra parte della siepe. (un pò criptico, si è capito ?).
Le Regard du Loir N°1, Vin de table de France, La Vigne de l’Ange Vin
La congiunzione tra l’Etna e la Pianura Padana passa per la Loira. Prendi il Contadino 9 e lo Schioppettino di Bressan, mescola bene e rifermenta in bottiglia. Frutta, pepe e lava.
Pinot Nero 2009, Vigneti delle Dolomiti IGT, Elisabetta Dalzocchio
Amo il Pinot Nero e l' AltoAdige, ma fatico a trovare un Blauburgunder all'altezza della Borgogna. Non l’ho trovato neppure in Trentino, ma questo vino è troppo buono e succoso che fa dimenticare tutti e due.
Ripa di Sopravento 2010, Vino Bianco Frizzante, Vittorio Graziano
Per brindare, Champagne! Si ma emiliano. Ha ricordi di vecchi Champagne, e si potrebbe sognare con qualche vecchia bottiglia ancora suoi lieviti. Intanto, da sveglio, mi scolo questa!

Daniele


Cour Cheverny "La Porte  Dorèe" 2009, Philippe Tessier  
Romorantin da vigne over 40 in bilico tra sale e dolcezze, roccia e levità. Funambolico
Pico 2010 - Angiolino Maule
Lo conobbi macerato, tra tè e whisky, lo ritrovo tropicale e agrumato gran beva. Provate a fermarvi
Gaggiarone 2006 - Annibale Alziati
Terroso ed elegante.Vino da tavola. Da vera tavola. La Bonarda al potere
Malvasia di Candia aromatica  "Besiosa" 2012 - Crocizia ( warning ! conflitto di interessi, solo che questo vino lo adoro..)
Albicocca, aranciata amara e miele, spumosa da rifermentazione. Beva compulsiva
Spigàu 1999 - Fausto de Andreis 
Pugno di ferro in guanto di velluto. Ne vorrei almeno un'altra lacrima. Quella che ho versato

Mauro

ExtraOmnes- Wallonie: Saison ricca di luppolo amaricante e note rustiche, il birraio è talmente belga da far dimenticare che vive in Italia e si chiama Luigi.
Foglie D'Erba – Ulysses le black ipa di solito non le apprezzo, ma in questo caso   luppolatura balsamica e il tostato  hanno un equilibrio a cui solo i grandi possono aspirare.
Brasserie des Franches-Montagnes- Abbaye de Saint Bon-Chien Birra passata in barrique, complessa, fruttata e con una discreta acidità che ripulisce il palato e maschera l'alta gradazione (11%). Se la trovate, approfittatene.
Black Barrels – Nut, the Irish Jinn apa con una montagna di  luppolo Cascade , fermenta per sei mesi in botte di rovere dove raccoglie microrganismi vari  che vanno a pennellaruna complessità inusuale per questo tipodi birra
De Dochter van de Korenaar – Enfant Terrible un caleidoscopio di frutta, cuoio, torba e  note stallatiche. Gran birra, complessa ma semplicissima da bere…se riesci a memorizzare il nomedel birrificio s’intende.

Diego DeLa

Cabernet Franc 2007 Les amis vignerons d’Anne Claude Leflaive
Per quelli convinti che il Cabernet Franc sia solo vitigno da taglio, una sventola in faccia. In purezza, armonico, fruttoloso, biodinamico.
Malidea 2004 Iuli
Un matrimonio tra Barbera e Nebbiolo che dopo 9 anni dimostra ancora passione. Al naso è sublime, in bocca si scatena.
Rosso di Montalcino 2012 Tiezzi
Pimpante eppure al palato pulito e fresco. La sapidità si mescola con prugna e lamponi. Giovanotto con gli attributi per crescere alla grande.
Batàr 2010 Agricola Querciabella
Chardonnay e Pinot bianco si fondono in un giallo oro carico danzando insieme tra note legnose e tropicalità. E poi miele, burro e sapidità.
Tuderi rosso 2003 Dettori
Dice il detto: vedi Napoli, poi muori. Lo stesso vale per lui. Maturo, pieno, caldo, equilibrato. Indimenticabile, da farci l’amore.


Sergio aka Gastrofanatico

giovedì 19 dicembre 2013

Antonio 2012, Vinho regional Lisboa, Casal Figueira


Il vitigno è il Vital, bianco autoctono di Lisbona, i vigneti sono piccoli, sparsi su un areale ampio e molto vecchi, ad alberello su terreni calcarei rocciosi a pochi chilometri dal mare a circa 350 metri di altitudine, il mare per noi mediterranei è simbolo di calore, di brodo primordiale, in Portogallo, che si affaccia sull’Atlantico molto freddo a queste latitudini, aperto alle perturbazioni nord che arrivano dirette dirette dalla Groenlandia non è esattamente così.
Tutto questo freddo si sente nel vino che è quasi algido, verticale, minerale ma senza eccessi di salsedine,  quasi scarno e citrino, leggere affumicature.
L’acidità mi ha colpito perché non è aggressiva anche se presente, molto soft ma pervasiva, il vino sconta solo una leggera sensazione watery sul finale.
La sensazione è che sia un vino da invecchiamento, i terziari sono già lì in sottotraccia, chissà cosa succede a questo vino, figlio del vento atlantico (voi che leggete non potete farvene un’idea della potenza dei venti in queste zone, sembra che entrino dentro, nell’anima, incessanti e arroganti) con il passare degli anni.


Molto interessante anche il Tinto 2005 a base di Touriga Nacional, freschissimo ed elegante con tannini fusi e di grande piacevolezza.



















Molto buono il vendemmia tardiva di Vital, dolce senza esserlo, affilato, con acidità residuale e bella mineralità.




















Kempè

Luigi


mercoledì 18 dicembre 2013

LOS VINOS HERMANOS

di Eugenio Bucci


Breaking Bad è una serie televisiva statunitense andata in onda la prima volta il 20 gennaio 2008 e conclusasi il 29 settembre 2013 dopo 5 serie, 62 puntate e, all'incirca, 2800 minuti di puro intrattenimento da sballo.
Sballo sotto diversi punti di vista.
E' probabile che non serva spiegare molto, a meno che non siate vissuti sotto un sasso negli ultimi 5 anni o che ve ne freghiate di quella Scatola-Del-Diavolo che è la TV e proiettate solo film d'essai in salotto con un super8. 
Comunque, si tratta di una di quelle meraviglie prodotte oltreoceano girata bene, recitata benissimo, scritta da Dio. Dove si vede che hanno i soldi e dove si capisce che spesso i soldi non bastano, bisogna saperli spendere. Insomma, una specie di Don Matteo al contrario.
C'è gente strafatta che straparla ad altra gente strafatta. Si ammazzano tante persone, si spara in faccia a gente alla quale, tutto sommato, ti stavi affezionando e ci scappa anche qualche bambino ammazzato. C'è la famiglia in ogni sua (de)forma(zione). C'è la famiglia del chimico, la famiglia dei narcos, la famiglia allargata e la famiglia sfasciata. E ti spiegano come costruire una bomba e come ottenere della ricina per avvelenare chiunque vi stia sulle balle. Ti avvertono che per sciogliere un corpo nell'acido non va bene una vasca da bagno se non volete sbriciolare la vasca stessa e il pavimento sottostante ma serve un contenitore di una plastica particolare. C'è il fast-food tex-mex (Los Pollos Hermanos) col miglior pollo di Albuquerque e, probabilmente, di tutto il New Mexico, e c'è il capo del fast-food che è uno molto calmo e pacato e, nel tempo libero, anche il più grande spacciatore di meth del Sud. Ci sono puttane, parolacce (?), deserti, boss messicani in carrozzella che parlano con un campanello, alcool a fiumi, bong e pipette che fumano come ciminiere 24/24, sbirri e chicos, nani e ballerine.
C'è Jesse Pinkman, socio del protagonista, un b-boy cazzone e scazzato, tossico perso e poi ritrovato, arruffone e casinista, sull'orlo di una crisi e che, spesso, quell'orlo lo salta. E c'è Walter White (nota 1), il professore di chimica malato di cancro che decide di cucinare (nota 2) metanfetamina purissima per far soldi da lasciare alla famiglia. Poi le cose, nelle successive 61 puntate, si complicano leggermente.
Non so se c'è una morale in Breaking Bad. Cioè, è una morale che si spezza, si ricompone, galleggia e va a fondo e mica ti interessa di recuperarla in quel mare magnum narrativo che ti prende alla gola. So, però, che su una cosa ti impone una profonda riflessione: la chimica. Te la fa vedere in modo diverso. Ti ci fa appassionare (messa anche solo sotto una luce particolare, quella di fare un mucchio di soldi). Almeno a me che al liceo la tavola periodica sembrava un Gioco Dell'Oca escheriano. La chimica che ti scompone la realtà, che riduce tutto all'essenziale, anche l'uomo col suo 65% di acqua e il 16% di proteine etc etc. La chimica che, quindi, è parte di noi, siamo noi, è una visione del mondo fatta per sommatorie. Un tentativo di catalogazione e controllo del Mondo.
L'uso/azione della chimica è uno dei topic base nel vino (una digressiva nota 3). Un topic di un dibattito a volte sfibrato e sfibrante. Un dibattito che, se si sposta nell'ambito naturalistico, accalora e chiude delle vene facendo dire di tutto e di più, spesso un po' a casaccio, altrettanto spesso buttando quintali di ironia e/o insulti sulla cosa ai limiti del trolleggiamento.
Anche se ogni tanto appare qualcosa che assomiglia incredibilmente ad un discorso definitivo (nota 4).
Per fortuna, di tutti gli affascinanti processi chimici legati al vino possiamo ogni tanto sgombrarci la mente e, relativamente, fregarcene. Possiamo noi che il vino lo beviamo, lo sputiamo (nota 5), lo degustiamo, lo inghiottiamo per capirlo e, soprattutto, per goderne.
Possiamo perché vogliamo bene al vino, ad ogni singola bottiglia, anche a quelle del cuoco (vedi nota 2) Cotarella (magari bene no, facciamo una virile amicizia). Perché vorremmo che ogni singola boccia aperta sia buona e bella e giusta, vorremmo lo stupore, no, magari quello è più difficile, ma una soddisfazione si. Vogliamo bere e fare Ahhhhhh e poi Ohhhhhh e poi iniziare a studiare e capire tutti gli uomini dietro quel vino. 
E poi tutta la chimica dietro quel vino.
Perché la chimica è importante.
E spiegherebbe tutto a saperla decifrare. Con semplicità.
Spiegherebbe, ne sono certo, come due 2 produttori possano partire da situazioni di cantina diverse e terre diverse e uve diverse etc etc. Ed arrivare a fare vini simili. Similarmente ampi, mediterranei, terrigni, vivi e scalcianti. Vinos hermanos.
Come quello che dei processi chimici nel vino ne fa una malattia. Insospettabilmente.
Il nostro amichevole immigrato Frengo Cornelissen.
Che è davvero un Walter White del Belgio, ipermanicale e rupofobo, con dotazioni tipo NASA per entrare in cantina (vabbè, vuole solo che vi puliate le scarpe con un prodotto sterilizzante e magari una mascherina sulla faccia) ed evitare il più possibile contaminazioni, con la fissa del non-intervento che in lui diventa non-lascio-nulla-al-caso per (tentare di)arrivare alla purezza distillata delle sue uve.
E dopo essere arrivato ad un passo da questo nirvana, dopo l'incontaminata purezza del Contadino 9 2011, cosa potrà raccontarci di nuovo o di vecchio, di meglio o di peggio, il Contadino 10 2012?
Credo che mi lancerò anch'io
nella moda delle foto sbilenche:
danno un tocco "arty" e rendono l'idea
del grado alcolico del degustatore
al momento dello scatto.
L'asticella si è alzata. Inutile negarlo. Quell'asticella immaginaria e tanto ondivaga delle aspettative. Il vino-cardine di un viticoltore-cardine, questo succo tanto esplosivo quanto controllato. Un frutto detonato che viene poi plasmato, controllato, incanalato. E, quindi, aggraziato, dinamicizzato, purificato. In progresso costante fino al capolavoro 2011.
Contadino 10 è diverso. Meglio dirlo subito. Non tanto nel macro quanto nel micro. Epperò i micro a volte fanno la differenza. A Villa Favorita Cornelissen parlava di annata non semplice, di aumento del peso specifico delle uve che vanno a finire nel Contadino (e intanto la percentuale di uve bianche si è abbassata). Micro segnali di rottura col passato che nell'anteprima della fiera consegnavano comunque un vino perfettamente in linea con le precedenti edizioni, addirittura già delineato e prontoE ora, assaggiato e riassaggiato nell'ultimo mese, possiamo ribadire come il Contadino 10 rimanga fedele a se stesso. Nel senso che gli elementi distintivi, le grosse qualità di cui si parlava sopra, sono ancora lì. E se non avete mai bevuto un Contadino in vita vostra, con l'edizione n°10 potete farvi un'idea di cos'è. 
Un'idea. 
Perché qualcosa di sfaldato compare. Già al naso. Dove la turbo-frutta-rossa assume qualche aspetto ossidativo. E la potenza alcolica (15° come sempre) si avverte, spinge, brucia (brucicchia) mettendo i frutti sotto spirito. E anche in bocca ci si ritrova questa massa ingente che turbina e colpisce, ti fa un Capodanno gustativo e non riesce a controllarsi fino in fondo, botti e miccette e qualche scalmanato, alcool e acidità che spingono e quel frutto ad inizio di decomposizione. E un cerchio che non si chiude. 
Quindi, chimicamente, H2O+C2H5OH+CH3CHO+Contadino10+Cornelissen®+Me²82/100


Col secondo personaggio passiamo dalla NASA alla NASO. Cioè, Gianfranco Manca possiede quella dose di naiveté mista a follia mista ad amore mista ad anarchia, che lo porta a quasi letteralmente annusare l'aria nella sua cantina aperta a tutti e tutto che sembra di stare ad un rave di microorganismi et similaria. Cioè, questo è uno che vinifica i bianchi in tini all'aperto nella mite Sardegna settembrina e che, se l'annata va ad cazium, lui fa 6 diverse cuvée stessa-etichetta-ma-nomi-diversi (guardate qui). Cioè, il nostro Jesse Pinkman che non sa (o finge molto bene di non saperlo) come ci arriva a cucinare così bene eppure ci arriva.
La sua Panevino ha prodotto capolavori, vini che rimangono così impressi nella mente da diventare archetipi, sapori che innescano il killer instinct del bevitore seriale. Per dire, se ci fosse una sua bottiglia giusta in fondo a una rupe, io mi butterei.
Giusta, ho detto.
Perché a volte qualcosa va storto. E' la natura, baby. E' la chimica nei suoi inneschi e reazioni e controreazioni.

Il tono violaceo della foto
rivela la malinconia di fondo
Prima si diceva di asticelle/aspettative. Con U.V.A. 2011 si volava altissimi. Punteggione dell'Espresso (18,5/20). Slow Food che lo incensa. Il mondo che sembra finalmente andare per il verso giusto e scopre uno dei migliori produttori italiani. C'è un Sole Dell'Avvenire in fondo al caos critico. Così mi butto da una rupe (metaforica) e in primavera faccio chilometri solo per assaggiarlo. E mi faccio del male. Cioè, contento di essermi buttato ma prendo una brutta botta. Il vino è problematico. Oltremodo. Volatile impazzita. Odori chiusi con aperture al topo (cit.). Puzze rifermentative. Qualcosa in sottofondo che ricorda il Panevino Style ma rarefatto, ammorbato e disturbato dai difetti. Sarà una fase, mi dico ammaccato. Non era così, mi dice chi l'aveva bevuto.
Poi, a fine estate, lo riassaggio. E va un po' meglio. Un po'. Soprassiedo sulla volatile borderline. Odori ricomposti, in bilico tra le morbide speziature e la frutta sotto spirito e la macchia mediterranea (e il mirto, olè, per stare nell'ovvio). Ma sempre un disturbo, un tarlo che va ad eroderne la compostezza e punge e ne mina la stabilità. La serie di problemi della prima bottiglia in sottofondo, leggermente depurati ma presenti. Anche la materia sembra alleggerita, svuotata rispetto alle solite opulenze (opulenze, non sciroppi glicerici). Un vino che viaggia a basso regime d'equilibrio laddove l'equilibrio è una delle prerogative Panevino. La riproduzione di un discreto allievo del quadro del Maestro. Un vino che è solo una tappa di un percorso qualitativo enorme e che riporta Gianfranco Manca sulla Terra. Anzi, Manca è la sua terra e ringraziamo Dio che abbia voglia di condividerla con noi. Anche se ogni tanto nella formula qualcosa va storto: 80/100.


Nota 1WW o Heisenberg, nome d'arte e/o alter ego del protagonista (quindi LOL e S.G.Q.A.=Sono Geni Questi Americani); il quale WW, mentre cucina (vedi sotto) e cazzia il suo socio e lo guarda come una scimmia da ammaestrare, pare inquietantemente il Michel Rolland di Mondovino mentre dice: "Microssigenare, microssigenare!"
Nota 2è questo il gergo, al che si aprono scenari di immensa ironia che spaziano da Masterchef in giù.
Nota 3e, a posteriori, mi sembra che una lezione di chimica applicata al vino mi sia passata davanti senza che me ne accorgessi (come spesso accade) diversi anni fa. Ad un Vinitaly mi fermo da un produttore piemontese, ci salutiamo, ci diciamo come va e poi iniziamo ad assaggiare, lui era uno che faceva (fa) vini molto moderni, impostazione vino/frutto, e all'epoca mi piacevano molto, trovavo in loro un equilibrio che spesso mancava nella maggior parte, forse ero solo più coglioncello e più giovane, forse ne capivo di più o forse di meno, non importa; fatto sta che un vino, ad un certo punto, appare come sfibrato, è ossidato e svasato (sua definizione), poco male, succede, ma lui (il produttore) lo assaggia, rimane perplesso, dice Aspetta un attimo, e va a prendere una boccetta e apre la boccetta e ci infila una cannula di vetro e aspira e versa qualche goccia nel bicchiere dov'era il vino, poi lo shakera e lo passa a me che lo assaggio e il vino è ora fresco e nitido, e io faccio Ooohhhh... e chiedo Ma come?, e lui mi parla di una molecola di cui non ricordo assolutamente il nome e poi ci siamo salutati e sono andato a massacrarmi la testa e il fegato altrove.
Nota 4: Perdonatemi ma non resisto a non riportare un passaggio che a me fa tanto ridere. Cioè, il passaggio è serissimo e sposta la questione verso basi più serie, ma parole come merda o cacca o pupù hanno un effetto tipo "bambino all'asilo":
"Scontata la risposta dei tecnocrati: la naturale trasformazione del mosto è l’aceto. Questa è la prima parte del mostruoso equivoco ed è anche un orrore scientifico. Come dire che la trasformazione naturale delle materie prime alimentari non sono i cibi ma la merda."
Nota 5: sarebbe stato interessante fare analizzare chimicamente il contenuto dei secchioni di plastica appoggiati per terra che, elegantemente, a Fornovo vengono usati come sputacchiere e nei quali sono certo si stessero formando nuovi forme di vita mono(e bi e tri)-cellulari.
Nota alla nota 5: spero non stiate leggendo questa nota di mattina presto perché il contenuto di schifo è oltre la soglia di tollerabilità. Ma, d'altronde, io questa Cambogia degli umori umani l'ho vissuta in prima persona e pur essendo uno schifiltoso di tutto rispetto, sono sopravvissuto.