Pagine

lunedì 19 marzo 2012

mulino sobrino la morra

Guardiani della terra


RenzoSobrino.
Visita effettuata con Roberto Mastropasqua.
A La Morra (CN), paese conosciuto per i Barolo, c’è un mulino ottocentesco in piena e fragorosa attività.
Sembra di attraversare una porta spazio temporale.
Fuori l’incontenibile e rutilante mondo in perenne e asfissiante cambiamento.
Dentro solai, scale, macchinari in legno, cinghie di trasmissione in cuoio, manicotti in cotone.
Come in un racconto di Dickens.
 Una macina in pietra dei pirenei ruota incessantemente e cinghie e pulegge e tramogge la seguono in una danza protoindustriale.


Renzo e suo fratello regolano, controllano, sorvegliano l’andamento da automa settecentesco del loro mulino verticale.
Anche lo sviluppo verticale delle macchine è segno dei tempi andati, di una visione della meccanizzazione quasi mistica di innalzamento, trasformazione e purificazione.
Affiancano alla macina in pietra un impianto a otto laminatoi degli anni cinquanta dell’ultimo secolo del millennio precedente.
Anche questo con il fascino delle attrezzature museali.


Però tutto funziona, la pietra sminuzza e sfarina in una sola passata e il laminatoio in otto e produce le farine bianche 1, 0 e 00.
Al di là dell’indubbio atto di fede che Renzo Sobrino ha fatto nel continuare a lavorare con impianti più lenti e spazi limitati c’è stata l’intuizione di poter ottenere un prodotto di qualità, facendo squadra con i contadini.
Sobrino ha ripetuto come un mantra, durante la visita, che la sua farina è buona non grazie a lui (in realtà i suoi impianti stressano meno il prodotto grazie a lavorazioni più lente e meno invasive e poi lava e macina ogni volta poche quantità di cereali) ma grazie ai suoi conferitori.
Negli anni li ha scelti, ha chiesto loro lo sforzo di certificarsi biologici (per indubbie esigenze di trasparenza commerciale e scelta strategica), hanno scelto insieme le varietà da coltivare, aggiungendo ogni tanto qualche vecchia cultivar come il Mais ottofile, il Mais Dente di Cavallo, il Farro monococco, il Senatore Cappelli, il Gamba di Ferro, il Rosso Gentile.


Sobrino ha invogliato dei contadini a intraprendere la strada della qualità (talvolta ha ridato loro speranza nelproseguire l’attività di cerealicoltori riconoscendo loro prezzi molto più alti delle quotazioni standard delle granaglie) cedendo i semi per le prove in campo.
Ultimamente ha aderito al progetto “Pan ed Langa” promosso da Enrico Giacosa e ha cominciato a far coltivare e macinare due varietà di grano tenero pressochè scomparse ma che venivano usate per la produzione del pane: il “Gamba di Ferro” e il “Rosso Gentile” a cui stanno  aggiungendo altre due varietà il “Verna” e il “Frassineto”.


Lo ha fatto adescando gli agricoltori sia cedendo semi sia sospendendo momentaneamente (solo per le varietà coinvolte nel progetto) la rigida legge del certificato biologico obbligatorio.
Con questo progetto che restringe la produzione dei grani al territorio di Langa si è chiusa la filiera completa composta da agricoltore, mugnaio, panificatore.
Questi grani hanno un profilo organolettico molto interessante e profumi intensi ma vista la loro bassa concentrazione di glutine richiedono tecniche di panificazione più lunghe (lievitazione acida con la pasta madre) e laboriose, per ulteriori approfondimenti leggete il post di Roberto Mastropasqua.
L’indubbia qualità e bontà delle farine è quasi messa in secondo piano dalla funzione di ricostruzione della filiera produttiva e il recupero di saperi (più che sapori) agronomici persi negli ultimi decenni, travolti dal fenomeno di dumping sul prezzo dei cereali che rendono antieconomica la produzione collinare.
Eppure tutte le colline piemontesi dal Monferrato alle Langhe hanno sempre affiancato alla viticoltura la cerealicoltura con risultati organolettici di alto profilo.


L’invasione monocolturale della vite, tanto osannata dagli appassionati di vino, è un falso storico, una forzatura dello schema produttivo tipico delle colline piemontesi e un attentato alla stabilità geologica dei crinali.
Negli anni, grazie ad una maggiore remunerazione del vino, i seminativi, i prati, i noccioleti, i boschi,  hanno ceduto posto ai vigneti e in luoghi meno famosi al bosco e al gerbido.
Oppure si sono spianate intere colline con l’uso intensivo e continuativo di trattori e tecniche agronomiche, mirate alla produzione quantitativa, molto invasive e pesanti.
Un processo che ha portato tanti agricoltori all’abbandono della terra o a una perdita del know how.
E’ affascinante il progetto di Renzo Sobrino che ha saputo interpretare la sua funzione di guardiano della terra in veste contemporanea senza cadere in posizioni di puro antagonismo e di isolamento ma ha costruito, negli anni, con pazienza la filiera, il prodotto e la sua commercializzazione per non finire dalla nicchia in un loculo.








6 commenti:

  1. Questo è un vero post "agricolo", finalmente si intravede una luce, una parola a difesa di una agricoltura che è stata negli ultimi anni maltrattata e ingiustamente dimenticata ( su questo hanno una certa responsabilità le grandi marche del cibo industriale con le loro finte pubblicità).
    Ridare voce all'agricoltura e agli artigiani che ne trasformano i prodotti è anche compito di noi blogger; continuare a parlare "solo" di ricette e di vini fa il gioco delle multinazionali del cibo e del vino e sminuisce il valore di libertà legato al web.
    Lodi al progetto Di Renzo Sobrino: conosco personalmente viticoltori-agricoltori che hanno ripreso a coltivare i cereali grazie a questo progetto.

    RispondiElimina
  2. Devo dire che è valsa la pena di aspettare tanto tempo per leggere il post.

    RispondiElimina
  3. Come aprire una porta sul tempo:attraverso le tue parole si sente il profumo di antico.
    Vien voglia di entrare in questo mulino in "piena e fragorosa identità"( bellissimo).

    RispondiElimina
  4. leggo e riporto da Il Domenicale del Sole 24 0re del 18.03.12 "...pure il produttore che crea un giacimento frutto di manualità non diffusa e tramandata, di gestualità, di saperi rari, non avrebbe i titoli per definrsi artista (al pari di sintetizza gli ingredienti?)". quanto scritto da Davide Paolini mi pare confermi un sentimento diffuso simile a quanto espresso da Vittorio Rusinà nel primo commento. chiedersi perchè la disincentivazione di determinate colture e culture dovrebbe portarci a quel fantomatico ministero delle politiche agricole e della sua metestasi sul territorio (e sì che si provò ad abolirlo per via referendaria), buon OGM a tutti.

    RispondiElimina
  5. ciao. Anche io ho dedicato un post al mulino a pietra di Pizzoli in Abruzzo, gestito dal sig. Angelo Cavalli. il signore in questione è molto anziano e porta avanti questa passione con fatica. Sarebbe molto interessante poter far conoscere a tutti la sua storia (è apparso anche su Ballarò), in maniera da non far chiudere il mulino. La regione Abruzzo, gli aveva promesso degli aiuti, ma a quanto pare non sono mai arrivati. E' un vero peccato vedersi scippare una parte importante della nostra storia d'italia. Ecco il mio post...ciao e grazie per farci conoscere realtà che ancora resistono, nonostante tutto. Paola

    L'ultimo mulino a pietra di Pizzoli http://wp.me/p1iuUT-aN

    RispondiElimina