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mercoledì 10 novembre 2010

c'è post per te

C’è post per te
Se viene a cena una/o che beve solo bianchi d’annata leggeri e secchissimi?
Il giorno prima postatele/gli questo testo, forse non cambierà idea ma probabilmente non lo/a dovrete più invitare, gli “esperti” si seccano ad essere contraddetti.

Carissime,
la mia predilezione è per i vini bianchi, per cui ogni volta che gli amici enotecari mi dicono che fanno fatica a venderli non di annata e che la vendita di splendide e tonificanti bollicine si interrompe a gennaio, rimango perplesso e vagamente contrariato.
Il giusto atteggiamento sarebbe “non bere vini d’annata” (ad esclusione dei novelli e dei frizzanti naturali dolci, anche se certi moscati evolvono positivamente nei due anni successivi) perché:

1) possono essere organoletticamente sbilanciati per non avere ancora smaltito a livello bio-chimico i traumi della produzione e del trasporto.
2) anche chi usa poca solforosa la adopera proprio in fase di imbottigliamento per stabilizzare il  prodotto durante lo stoccaggio, il trasporto e la vendita. La solforosa dà forti emicranie che la permanenza in bottiglia mitiga (attenti ai Sauternès hanno quantità mirabolanti di solforosa).
3) anche vini apparentemente semplici, con un minimo di affinamento in bottiglia accrescono lo spettro aromatico e lo complessificano unendo ai profumi e ai sapori frutto-floreali, degli inizi di terziarizzazione con accenni minerali e/o speziati.
4) negarsi la sorpresa e la gioia di aprire un cotes de Bourdeaux bianco (Sauvignon e Sèmillon) vieilles vigne del 1999 perfettamente integro con acidi e profumi nel posto giusto, fresco e complesso e minerale e dannatamente giovane al punto di credere di aver perpetrato un infanticidio.

Natale sta arrivando e vi consiglio di regalarvi e regalare delle bottiglie o meglio dei Magnum (l’affinamento è migliore se la dimensione del contenitore è grande) di vino bianco che aprirete come minimo il prossimo anno, meglio ancora se le dimenticherete in cantina per un paio di anni o più.
Come scegliere le bottiglie migliori per goderne in futuro? un rapido vademecum.

1) Selezionare vitigni con propensione all’invecchiamento e non sono pochi: Chardonnay, Sauvignon (Loira e Bordolese), Pinot nero e meunier (vinificati in bianco negli Champagne e nei metodi classici), Pinot bianco, Chenin Blanc (Loira), Riesling, Sylvaner, Timorasso, Ribolla, Friulano (Tocai), Garganega (Soave e Gambellara), Lugana, Verdicchio, Pecorino, Trebbiano d’Abruzzo (Bombino), Vernaccia, Greco di Tufo, Fiano di Avellino, Carricante, Grillo, Moscato d’Alessandria (zibibbo), Moscato Bianco di Canelli.
Sappiate che ne ho dimenticati tanti e che gli stessi sopra elencati concorrono non solo singolarmente ma anche in blend di grande interesse.
2) Se il produttore fa una versione base e una selezione o una riserva… prendetene una per, non è detto che minor costo minor soddisfazione. Le riserve dovrebbero invecchiare meglio anzi quelle di alcuni produttori, spesso sono tanto deludenti nei primi anni, quanto inebrianti durante la maturità.
Alcuni fanno un solo vino e ci liberano dal dubbio.
3) Comprate sempre due o tre bottiglie per seguire l’evoluzione del vino nel tempo e non abbiate paura ad eliminare dalla cantina produttori anche di blasone se non vi piacessero i loro prodotti, beviamo vino non etichette.
4) Non fatevi illudere dai bianchi con passaggi in Barrique spesso sono tutti uguali: miele, vaniglia, dolcezze e glicerina, il retro di una pasticceria. Forse invecchiano ma non evolvono.
5)  Puntate su vitigni, regioni, nazioni emergenti se siete accorti potrete costituirvi una cantina di tutto rispetto con poca spesa, il bello dei vini bianchi è che hanno un rapporto qualità prezzo decisamente sbilanciato a favore della qualità.

Non fatevi mancare uno Jerez Manzanilla Fino.
Non fatevi mancare uno Champagne Blanc de Noir.
Non fatevi mancare un Marsala superiore.
Non fatevi mancare i bianchi Friulani della novelle vague, sembrano immortali.
Non fatevi mancare  un Riesling Alsaziano, uno Tedesco (Rheingau o Nahe) sono immortali.

L’unica certezza è che raramente rimpiangerete di aver aperto una bottiglia troppo tardi, sarà sempre il contrario.

L’unico avvertimento che mi sento di dare è che in questi ultimissimi anni alcuni produttori sono ritornati ad una vinificazione dei bianchi con macerazioni a temperatura ambiente, anche prolungate, fermentazioni con lieviti indigeni, sosta sulle fecce; tecniche da vini rossi ma mentre in questi gli effetti di eventuali esasperazioni sono compensati da una naturale robustezza dei mosti-vini, molto ricchi di antiossidanti naturali e tannini. I vini bianchi (direi gialli quelli che nascono da queste tecniche) più fragili hanno capacità intriseche minori di resistenza, per cui la sensibilità del produttore è fondamentale, bisogna interrompere le macerazioni al tempo giusto, valutare e seguire le temperature di fermentazione (molti volutamente non le controllano), travasare nei tempi giusti.
Altrimenti il rischio (in realtà duplice perché in questa fase i produttori lavorano per affinare le tecniche, noi consumatori per affinare il gusto e adattarlo ai nuovi vini) è di avere nel bicchiere liquidi con colori forti dal giallo paglierino carico all’ambra, con profumi intensi ma scontrosi, marcati dalla volatile (acido acetico) e dai profumi ossidativi, rudi anche in bocca, tannici (con tannini amari e persistenti mutuati dalle botti).
Quindi anche nell’ipotesi che siate voi quelli sbagliati (quantomeno in ritardo di preparazione), assaggiate e valutate ogni vino, in particolare quelli più “naturali” soprattutto se ne volete comprarne una cassetta.
Vi dovete sicuramente abituare a profumi e sapori un po’ diversi, meno freschi e più “cimiteriali”, fiori appassiti e secchi, frutta molto matura in particolare scorza di agrumi amari, erbe officinali, macchia e pineta mediterranea con sentori di resine e spezie, fieno ed erba secca. Vini che possono reggere l’abbinamento con carni bianche e formaggi non troppo stagionati.

Produttori di bianchi della nouvelle vague di cui ho assaggiato i vini:
Nino Barraco grande il Grillo e lo Zibibbo, Marsala (TP);
Salvo Foti  con il vinu Jancu, Randazzo (CT);
Frank Cornelissen con il Munjebel, la Solicchiata (CT);
Skerk con la Malvasia Istriana e il Sauvignon buonissimi, Duino Aurisina (TS);
Ronco Severo con il Ronco Severo bianco, Prepotto (UD);
Camillo Donati con il suo Sauvignon frizzante, Arola (PR).

Produttori di bianchi tradizionali che mi hanno dissetato in questi anni:
Piero Cane con il Marcalberto, S. Stefano Belbo (CN);
Enrico Gatti con i suoi Franciacorta, Erbusco (BS);
Collestefano con il Verdicchio di Matelica, Castelraimondo (MC);
Fattoria San Lorenzo con il Verdicchio dei Castelli di Jesi Vigna delle Oche, Montecarotto (AN);
Monte Tondo con i suoi Soave, Soave(VR);
Torricino con i suoi Fiano di Avellino e Greco di Tufo, Tufo (AV);
Pietracupa con i Fiano di Avellino e Greco di Tufo, Montefredane (AV).


Abbinamenti consigliati: Tonno di coniglio con crostini caldi e un metodo classico Marcalberto di P.Cane.
Un classico sotto Natale il bloc de Foie gras e un passito tipo il Sauternes, il Caluso, il Grillo di Barraco.
Per gli amanti delle ostriche provate l’abbinamento con un Jerez Manzanilla Fino.
Un Sauvignon di Skerk e caprini semistagionati.





Per oggi può bastare.
buona bevuta e buona lettura
luigi                                                                                                                   


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